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Sotto la lente d’ingrandimento la proroga per il versamento del secondo acconto IRPEF, IRES e IRAP e per la presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP
«Con l’ennesimo “comunicato legge” del 27 novembre 2020, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a ridosso della scadenza del 30 novembre, ha anticipato che è “In arrivo la proroga per il versamento del secondo acconto IRPEF, IRES e IRAP e per la presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP”. Quello che è accaduto quest’anno – ovverosia il rinvio degli adempimenti fiscali con un mero comunicato del MEF a ridosso della scadenza – non è altro che l’ennesima riproposizione di una storia nota che ormai da tempo si ripete per questo o per quell’adempimento, con al più qualche piccola variante. Eppure, quest’anno, una variabile ben più rilevante degli altri anni c’era e prende il nome di “Covid-19”. Evidentemente per il Ministero neanche una pandemia mondiale ed una gravissima crisi in atto presso quasi tutti i settori economici erano meritevoli di un rinvio programmato e ragionato delle scadenze fiscali. Ed è così che l’attività degli studi e delle aziende è stravolta, una volta di più, da uno strumento che di normativo non ha nulla e di dignitoso ha ancora meno. Come è possibile che neanche uno scenario fosco come quello attuale sia stato adeguatamente considerato dal Ministero, dal Legislatore o dai decisori politici nel venire incontro per tempo e razionalmente alle (unanimi) richieste delle categorie professionali e delle aziende nel rinvio degli adempimenti? Come è possibile che, una volta ancora, si sia deciso solo all’ultimo di “concedere” ai contribuenti e ai professionisti che li assistono una (inevitabile) proroga degli adempimenti fiscali? Ed è cosi che il rapporto di leale collaborazione e di buona fede che dovrebbe improntare i rapporti tra Fisco e contribuente è unilateralmente tranciato dalla parte pubblica, senza alcun motivo o nessuna giustificazione. Ora, è chiaro ormai che a nessuno importa della sorte dei professionisti. Lo si deduce dalla inesistente considerazione rivolta a questi soggetti dai vari provvedimenti emanati nel corso dell’emergenza epidemiologica. Si ritiene che i professionisti debbano recepire ed eseguire meccanicamente ogni novità che proviene da una legge, da un D.P.C.M. o da un qualsiasi atto (poco importa che, come nel caso dei comunicati “legge”, non abbia alcun valore giuridico) senza beneficiare di alcun supporto o aiuto: non importa se questo o quell’ordine va in contrastocon le logiche di studio, con la programmazione delle attività e delle risorse o semplicemente con il buon senso. I professionisti devono ormai abituarsi a questo nuovo “status” sociale? La risposta, ad avviso di chi scrive, non può che essere negativa ed ogni tentativo di delegittimare questa o quella professione va contrastato con impegno e determinazione. Lo Stato deve tornare ad essere in grado di intercettare le esigenze dei professionisti e non creare regole irragionevoli o disparità di trattamento. Deve comprendere che tutte le categorie professionali – tra cui quelle che svolgono attività di intermediari fiscali – svolgono una funzione di tutela degli interessi erariali e di presidio di legalità. Esse vanno dunque tutelate e non mortificate con inconcepibili e tardivi “comunicati legge”. L’alternativa per lo Stato non esiste, salvo che si voglia scardinare il servizio pubblico oggi reso da tutte le categorie professionali». Vincenzo Morelli, Commissario Nazionale Filp Cisal.

Sotto la lente d’ingrandimento la proroga per il versamento del secondo acconto IRPEF, IRES e IRAP e per la presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP
«Con l’ennesimo “comunicato legge” del 27 novembre 2020, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a ridosso della scadenza del 30 novembre, ha anticipato che è “In arrivo la proroga per il versamento del secondo acconto IRPEF, IRES e IRAP e per la presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’IRAP”. Quello che è accaduto quest’anno – ovverosia il rinvio degli adempimenti fiscali con un mero comunicato del MEF a ridosso della scadenza – non è altro che l’ennesima riproposizione di una storia nota che ormai da tempo si ripete per questo o per quell’adempimento, con al più qualche piccola variante. Eppure, quest’anno, una variabile ben più rilevante degli altri anni c’era e prende il nome di “Covid-19”. Evidentemente per il Ministero neanche una pandemia mondiale ed una gravissima crisi in atto presso quasi tutti i settori economici erano meritevoli di un rinvio programmato e ragionato delle scadenze fiscali. Ed è così che l’attività degli studi e delle aziende è stravolta, una volta di più, da uno strumento che di normativo non ha nulla e di dignitoso ha ancora meno. Come è possibile che neanche uno scenario fosco come quello attuale sia stato adeguatamente considerato dal Ministero, dal Legislatore o dai decisori politici nel venire incontro per tempo e razionalmente alle (unanimi) richieste delle categorie professionali e delle aziende nel rinvio degli adempimenti? Come è possibile che, una volta ancora, si sia deciso solo all’ultimo di “concedere” ai contribuenti e ai professionisti che li assistono una (inevitabile) proroga degli adempimenti fiscali? Ed è cosi che il rapporto di leale collaborazione e di buona fede che dovrebbe improntare i rapporti tra Fisco e contribuente è unilateralmente tranciato dalla parte pubblica, senza alcun motivo o nessuna giustificazione. Ora, è chiaro ormai che a nessuno importa della sorte dei professionisti. Lo si deduce dalla inesistente considerazione rivolta a questi soggetti dai vari provvedimenti emanati nel corso dell’emergenza epidemiologica. Si ritiene che i professionisti debbano recepire ed eseguire meccanicamente ogni novità che proviene da una legge, da un D.P.C.M. o da un qualsiasi atto (poco importa che, come nel caso dei comunicati “legge”, non abbia alcun valore giuridico) senza beneficiare di alcun supporto o aiuto: non importa se questo o quell’ordine va in contrastocon le logiche di studio, con la programmazione delle attività e delle risorse o semplicemente con il buon senso. I professionisti devono ormai abituarsi a questo nuovo “status” sociale? La risposta, ad avviso di chi scrive, non può che essere negativa ed ogni tentativo di delegittimare questa o quella professione va contrastato con impegno e determinazione. Lo Stato deve tornare ad essere in grado di intercettare le esigenze dei professionisti e non creare regole irragionevoli o disparità di trattamento. Deve comprendere che tutte le categorie professionali – tra cui quelle che svolgono attività di intermediari fiscali – svolgono una funzione di tutela degli interessi erariali e di presidio di legalità. Esse vanno dunque tutelate e non mortificate con inconcepibili e tardivi “comunicati legge”. L’alternativa per lo Stato non esiste, salvo che si voglia scardinare il servizio pubblico oggi reso da tutte le categorie professionali». Vincenzo Morelli, Commissario Nazionale Filp Cisal.
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